Ho
preso l'abitudine a creare i miei personali percorsi urbani in qualsiasi città
mi trovi. Penso sia una sorta di rituale che mi aiuta a
familiarizzare con il luogo, a sentirlo più mio. Qui ad Hanoi questa
pratica mi diverte particolarmente poiché ogni giorno mi capita di
incontrare sistematicamente le stesse persone, nello stesso luogo,
nel momento in cui stanno facendo la stessa identica cosa.
Ogni
mattina esco dalla porta d'ingresso e ci impiego dieci minuti buoni
ad aprire il lucchetto che i miei coinquilini hanno fissato al
cancello esterno, una sicurezza ulteriore. Non che qui io mi senta in
pericolo, ma è anche vero che di sera il vicolo di casa nostra è
particolarmente buio, quindi meglio adottare misure preventive senza
farsi troppe domande. Dicevo, ogni mattina, dopo essermi rassegnata a
rimanere intrappolata tra la porta ed il cancello, finalmente riesco
a far scattare l'infernale meccanismo e con un senso di vera e
propria liberazione richiudo, chiedendomi se anche gli altri
sprechino così tanto tempo ogni santo giorno solo per uscire di
casa. Sette passi, svolto a destra, ne muovo altri dieci ed eccomi
sul lungolago. Qui avviene il primo incontro: un pescatore, teso
sull'orlo di una passerella (credo creata da lui stesso) di legno,
estremamente instabile, attende paziente che qualche pesce abbocchi.
Lancia e ritira in continuazione la lenza, lascia affondare. Proseguo
e poco più avanti, sulla destra, alcuni operai sono già al lavoro;
stanno costruendo (o ristrutturando, non si capisce) una casa, tutti
indaffarati a riunire mattoni, assi di legno ed altri attrezzi che
non distinguo bene. E poi eccoli lì, sul lato opposto della strada,
nascosti tra le piante che affollano il marciapiede, tutti intenti ad
osservare. Sono quattro stamane, quattro anziani che in gruppo
osservano attentamente e commentano a bassa voce il lavoro dei
manovali e penso che tutto sommato quaggiù le cose non funzionano
molto diversamente che in Italia.
Dopo
la curva della strada svolto a sinistra e supero una serie di bar-
case con i tavolini all'aperto, quasi tutti occupati dai vietnamiti
che a quest'ora fanno colazione con il pho, la tipica zuppa
vietnamita. C'è chi chiacchiera, chi legge il giornale, c'è la
solita ragazza seduta sul marciapiede che lava le scodelle sporche.
Procedo a passo spedito, cercando di captare il meno possibile
l'inevitabile odore di carne e di fritto che esce da questi locali
affollati. Due case più in là c'è un grazioso ristorante
vietnamita dove sono venuta a pranzo la scorsa domenica; a quest'ora
però, oltre agli amanti del pho, non c'è quasi nessuno, così
i proprietari ne approfittano per pulire e tengono al massimo il
volume della radio che trasmette prepotentemente i successi del
momento, di cui l'ascolto è imposto ed inevitabile.
A
questo punto posso proseguire il mio percorso ammirando il West Lake,
sconfinato ed apparentemente interminabile, il cui orizzonte si perde
tra la nebbia e la pioggia. Due
fedeli cani, guardiani attenti della casa all'angolo, mi attendono al
limitare della strada. Mi butto in mezzo al traffico, “ci
penseranno loro a schivarmi”, ho imparato che qui funziona
così. Il prossimo incontro sarà tra qualche metro, già lo
immagino. Sebbene siano già alcuni giorni che mi vede passare di lì,
un signore sembra non possa fare a meno di chiedermi “mototaxi?”,
mentre gli sorrido e scuoto la testa, continuando il mio cammino. Qui
ci si arrangia e per arrotondare chi ha del tempo libero si
improvvisa tassista su due ruote. Inizia in questo punto un altro
quartiere, molto vivace, dove si trova il mio ufficio. Supero l'asilo
ed il centro medico, un caffè e un paio di palazzi lussuosi che non
ho ancora capito bene cosa rappresentino, ed ora inizia la parte
migliore: il mercato. Ogni mattina non vedo l'ora di arrivare in
questo punto preciso per osservare le facce interessanti e curiose
che lo animano. I vecchi sono quelli che preferisco in assoluto:
signore che vendono frutta, verdura, carne e pesce. Di tutte le età
e, intuisco, appartenenti a diverse etnie, condividono questa strada,
urlano da ogni angolo contrattando prezzi e quantità. Prima o poi
avrò la faccia tosta di estrarre la macchina fotografica per
scattare qualche immagine; intanto lascio loro il tempo di
conoscermi, di vedermi percorrere la stessa strada ogni mattina,
cerco di diventare familiare anch'io. Sorrido, saluto, svolto
l'angolo. Arrivo.
A
Ma grazie Anna!!! Stamattina ho fatto volentieri un pezzo di strada con te... e mi è venuta lancinante la nostalgia dell'Oriente....
RispondiEliminamarta
Ci sono anche le spezie al mercato? Ho cercato un po' di foto, già mi sono innamorato del mercato di Hanoi,sono pronto a sostituirlo nel mio cuore a quello di Porta Palazzo a Torino. Fai foto e pubblicale appena possibile :)
RispondiEliminaMatteo sotto un cielo di ghisa
Marta, il mio invito è sempre valido, avrei anche lo spazio per ospitarti ;)
RispondiEliminaNon in questo di Xuan Dieu, Matteo. Domani andrò in avanscoperta di altri mercati e per te cercherò di fare più foto possibili alle spezie! ;)
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