lunedì 25 novembre 2013

Il tempo prima del tempo

Ore 5.20 del mattino. La sveglia suona. La sento ma vorrei ignorarla. Dall'altra stanza mio padre già discute sulla puntualità mancata, mi alzo e mi sento esasperata da questo brusco lunedì mattina ancora prima di cominciarlo. Proseguo a tentoni attraverso le altre stanze ancora buie, più che altro mi fido della familiarità che ormai ho acquisito per muovermi tranquillamente tra queste pareti: le mie. Il cervello ancora ovattato mi conduce fino alla cucina, poi al bagno ed infine allo studio dove fortunatamente la valigia rossa mi aspetta, pronta. Non sono poi così disorganizzata, penso. E un po' me ne compiaccio. 

Mi trascino giù dalle scale, cerco di non svegliare l'intero condominio ancora assopito. Sono immersa nel buio e nel silenzio della campagna addormentata, solo alcuni gatti accoccolati sui tetti delle macchine alzano pigramente il muso per accertarsi che niente disturbi il loro sonno. Non è poi così freddo, penso, la nebbia stranamente non offusca la vista e l'orizzonte. Sfrecciamo nella notte (sì, per me questa è pura notte inoltrata) verso la stazione dei treni e mi stupisco del traffico che riempie le corsie in entrambi i sensi di marcia già a quest'ora del mattino. Vedo molte stelle oltre il finestrino, sarà certamente una giornata serena, spero non solo in senso meteorologico. Nascosti tra l'erba alta e i cespugli disordinati stanno i capannoni e le fabbriche fuggono a perdita d'occhio. Dormono anch'esse, avvolte nella brina e nell'oscurità, in estremo contrasto con il ritmo frenetico della produzione che al loro interno a breve si svolgerà.

Salgo su un treno inaspettatamente gremito di giovani lavoratori e studenti e cerco un posto abbastanza tranquillo per riposare ed eventualmente scrivere. Mi dirigo strategicamente verso la fine del convoglio. L'ultimo vagone di solito ha il pregio di essere il più caldo ed anche il più silenzioso, ma oggi vengo presto smentita da un gruppo di adolescenti agitate per un compito che evidentemente le accoglierà al loro arrivo in classe. Penso con una stretta allo stomaco al mio periodo liceale, ai risvegli all'alba, agli interminabili percorsi sull'autobus e a quelle giornate di reclusione in classe mentre sognavo d'essere ovunque meno che lì. Ringrazio tra me e me di aver passato quella terribile fase della vita e cerco di risollevarmi al pensiero dei primi, stupendi e indimenticabili anni d'Università. Stacco la mente da questi cupi e tristi pensieri e torno a concentrarmi sul microcosmo di sedicenni che mi circonda. Citoplasma, nucleo, Rna: questi gli argomenti più gettonati da una studentessa davanti a me che viaggia accompagnata da una testa finta. Sì, proprio una di quelle povere teste sottoposte ad improponibili esperimenti di colore, taglio e piega. È la prima volta che mi capita di viaggiare a fianco d'una testa di prima mattina, crea un'atmosfera surreale, penso, quasi felliniana.


Nel frattempo la luce rischiara il cielo e brillano adesso i fiumi ghiacciati e le piccole pozzanghere d'acqua nei campi che vedo scorrere oltre la ferrovia. Scintilla anche la neve sulle cime delle montagne e l'Inverno per me quest'anno inizia così, a bordo di un treno, il lunedì mattina. 




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