venerdì 7 novembre 2014

Ciò che non muore in autunno, rinasce.

Quando arriva l'autunno bisogna andare nei boschi. 
Non farlo è quasi una colpa, specialmente se dritto sopra il tuo naso scotta inaspettata una palla ancora sfacciatamente rossastra.
Io ho il mio bosco preferito ed è poco lontano da casa. Quando riesco ci trascorro un'ora, forse due, ne percorro i sentieri ed annuso l'aria frizzante che in questo luogo sembra avere una consistenza magica. 

Parcheggio la macchina davanti al capitello, c'è una casa dall'altra parte del piazzale: apparentemente disabitata, ospita una dozzina di gatti che saltano da un terrazzo all'altro. Sono davvero tantissimi e bellissimi, si rincorrono e si appallottolano, sembrano lì da sempre. Mi incammino lungo il sentiero, calpesto le foglie a terra e dopo tanto tempo le sento frantumarsi sotto ai miei passi, prendo coscienza del tempo e delle stagioni dopo la confusione meteorologica dei mesi passati. Mi piace costeggiare il fiume, ascoltarlo mentre risalgo fino alla prima cascata; la prima volta in cui sono venuta qui era d'estate, ricordo la sorpresa nello scoprire un angolo di rara bellezza in una zona anonima e disabitata del vicentino. In un torrido pomeriggio di luglio di due anni fa, mi rivedo salire il pendio in compagnia di M mentre osserviamo antiche fiabe della nostra tradizione riplasmate in opere d'arte da sapienti mani d'artista

Alcune di esse sopravvivono al tempo e alle stagioni, le incrocio lungo il sentiero e mi accorgo di come la natura se ne sia appropriata, di quanto le abbia fatte proprie quasi nascondendole tra la vegetazione. 
Mi addentro tra gli alberi, sono più o meno le 4 del pomeriggio e la luce comincia a farsi più calda e densa, filtra tra i rami illuminando a tratti il sottobosco e il muschio che avvolge i tronchi e i sassi sparsi a terra. Decido di scattare qualche foto per catturare almeno una piccola parte di questa luce stupenda di inizio novembre: sperimento qualche inquadratura, mi sposto, regolo il diaframma e il tempo di esposizione, rinuncio alla messa a fuoco e cerco di vivisezionare i colori dell'autunno concentrandomi sui toni della luce che entrano nell'otturatore e rimangono impressi nel sensore della mia macchina fotografica. Ne scopro sfumature inaspettate e suggestive, quasi di fiaba; mentre scatto mi perdo a osservare le forme che i punti luce vengono a formare nel mirino della macchina fotografica e le reinvento nella mia mente, costruisco giunture, correlazioni, racconti e veri e propri dialoghi luminosi in divenire. Impossibile non pensare, al di là delle storie inventate o sognate, a tutto ciò che tornerà dopo il freddo e dopo l'inverno, alle novità che il nuovo anno porterà con sé. 

Ciò che non muore in autunno, rinasce. Quello che nei mesi scorsi era rimasto sospeso, bloccato e impigrito dall'estate, ritrova le energie e riaffiora oltre la superficie delle incombenze del vivere quotidiano, della noia dell'abitudine e delle scadenze da evadere. Ascolto il silenzio della natura, proseguo fino alla fine del bosco e mentre mi spingo verso l'ultima cascata non posso fare a meno di sorridere al pensiero delle infinite sfumature di luce di questo nuovo inizio.

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